Con la crisi energetica che sconvolge la vita di un numero impressionante di persone in tutto il mondo, è lecito chiedersi se l’attività alla base delle valute digitali sia in qualche modo sostenibile e assimilabile in tempi di assoluta incertezza.

I vertiginosi aumenti dei prezzi con le conseguenti manovre di razionamento e l’invito a moderare gli sprechi di energia non sono certamente le notizie che i miners di Bitcoin vorrebbero ascoltare nei notiziari.

Uno studio dimostra come l’attività di mining sfrutti un fabbisogno energetico di molto inferiore rispetto a quanto sia lecito credere.

Il mining

Per mining, si intende il processo in cui nuovi blocchi vengono prodotti e validati all’interno della blockchain. Esistono diversi algoritmi in grado di gestire il processo di validazione, il cui esempio più importante e diffuso è certamente la Proof of Work (POW) che viene utilizzato, ad esempio, dalla blockchain di Bitcoin.

Gli utenti, denominati nodi, mettono a disposizione la potenza di calcolo delle proprie macchine per partecipare al processo di estrazione e validazione dei blocchi. Il gigantesco fabbisogno di energia necessario contribuisce a rendere la blockchain una tecnologia il più possibile sicura e affidabile.

Con l’esplosione del mining a ogni latitudine, in molti hanno avanzato l’ipotesi che tale attività possa seriamente mettere in difficoltà l’approvvigionamento energetico di alcuni paesi come è effettivamente accaduto in qualche occasione.

Lo studio

Secondo un rapporto pubblicato da Arcane Research, nonostante il consumo di energia utilizzato dai miners di tutto il mondo sia cresciuto in modo significativo negli ultimi anni, l’industria costituisce ancora una piccola parte del consumo energetico globale.

Arcane Research è un’organizzazione che si occupa di analizzare sistematicamente i fenomeni legati al mondo blockchain, con l’obiettivo di raccogliere e fornire dati preziosi per la fruizione della tecnologia.

Diversamente da come si può pensare, i miners di Bitcoin utilizzano energia elettrica a un tasso di circa 100 TWh all’anno. Questa cifra rappresenta circa lo 0,06% del fabbisogno energetico totale in tutto il mondo, dato che ridimensiona di parecchio le stime che vorrebbero l’attività di mining come una minaccia alle riserve energetiche.

Oltretutto, la relazione sostiene come il modo in cui l’attività di mining consuma l’energia di cui ha bisogno avviene in modalità e dinamiche completamente diverse da altri settori. Ciò rende l’intera industria ancora meno invasiva di altre attività, come ad esempio quella vera e propria da cui prende il nome: l’estrazione di metalli preziosi.

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